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Sport a Torino. Cosa va fatto.
Monica Canalis
26.2.2016
Venerdì 26 febbraio si è svolta a Torino la seconda iniziativa di #Share2016, dedicata allo sport come strumento di welfare e partecipazione.
Il nostro laboratorio politico si occupa di politiche sociali sotto le varie sfaccettature e non a caso ha deciso di iniziare il suo percorso di approfondimento dallo sport, inteso come veicolo di educazione, aggregazione, salute, inclusione sociale, riqualificazione urbana, sviluppo economico ed occupazionale. Sport, quindi, come strumento di welfare a tutto tondo. Le politiche sportive sono un filone strategico delle politiche sociali, essendo trasversali alle fasce d’età, alle classi sociali e all’appartenenza etnica. Un vero vettore di coesione e integrazione, di tutti e per tutti.
Insieme ai nostri ospiti Filippo Fossati, Paolo Pettene, Chiara Bisconti, Patrizia Alfano, Nadia Magnezzi, Gianni Gallo, Riccardo D'Elicio, Piero Demetri, Simone Spadarotto, e agli enti da loro rappresentati, abbiamo cercato di esplorare alcune piste di lavoro, legate soprattutto al modello sussidiario e di sostenibilità finanziaria della gestione degli impianti, al rapporto tra lo sport e la riqualificazione sociale ed urbana delle periferie, al contributo dello sport al mondo del Terzo Settore oggetto dell’attuale riforma nazionale, e all’apertura a modelli di co-progettazione pubblico-privato.
Nel corso dell’intenso dibattito, è emerso che il mondo sportivo torinese è estremamente ricco, di managerialità positive, di risorse volontarie, di passione.
Gli attori dello sport sono però messi in condizione di operare solo se alcuni elementi si rivelano adeguati: in particolare, gli impianti e la cornice normativa e finanziaria. Spesso infatti gli enti sportivi, invece di concentrarsi sul miglioramento dell'offerta sportiva ed educativa, si ritrovano a dedicare troppe energie alla gestione dei beni architettonici, che non sono il cuore della loro mission. Oppure sono tagliati fuori dal sistema per la propria debolezza finanziaria o per i limiti delle convenzioni pubbliche.
E' quindi necessario che le politiche comunali per lo sport impostino una strategia seria e sistematica per affrontare l'obsolescenza degli impianti torinesi con un’azione seria di programmazione e pianificazione, classificandoli in modo più stringente e impostando un piano di gestione e ristrutturazione che annoveri e rispetti questi luoghi come beni comuni, da rimettere a norma con il concorso di tutti, ente pubblico ed enti di promozione sportiva. E’ inoltre emersa la sollecitazione a prestare la massima attenzione alla modalità di messa a bando di queste strutture. Due sono i punti salienti: la durata delle convenzioni e la possibilità di istituire fondi di garanzia e fondi equity in collaborazione con il mondo bancario specializzato sullo sport, per facilitare l’accesso al credito, sull’esempio dell’esperienza di successo raccontata dall’Assessore allo sport del Comune di Milano Chiara Bisconti.
Un’alleanza tra ente pubblico, ente sportivo privato e istituzione finanziaria che rompa vecchi schemi e dischiuda nuove possibilità di sviluppo in questo settore.
In un contesto di scarsità di risorse pubbliche, in cui gli enti locali fanno sempre più fatica a rilasciare fidejussioni o contrarre direttamente nuovi debiti, è utile guardare alle buone pratiche realizzate in situazioni analoghe e replicarle a Torino, per ammodernare un patrimonio impiantistico sempre più vetusto e sperimentare forme nuove di investimento.