Rivista Solidea: Leggi, povertà, spreco

1 Gennaio 2016

 Rivista Solidea: Leggi, povertà, spreco

Si può essere con i poveri solo se si è contro la povertà”, scriveva Paul Ricoeur, ricordandoci che la vicinanza umana, politica e anche spirituale ai poveri non può essere distinta da un impegno per contrastare le cause della povertà, le cause di ciò che rende povero il povero. In Italia si stimano oggi più di 4 milioni e 100.000 persone in povertà assoluta (intesa come povertà economico materiale) su una popolazione complessiva di circa 60 milioni di abitanti. Questo numero è più che raddoppiato negli ultimi 7 anni. Non si può essere davvero dalla parte di queste persone se non si mettono in campo tutte le misure possibili per farle uscire dalla condizione di povertà. Se poi pensiamo che, di questi 4 milioni, 1 milione e 45.000 sono minori, si coglie l’urgenza di un intervento politico organico.

Oggi vi sono già misure contro la povertà e per il sostegno al reddito delle persone anziane (pensioni sociali e integrate al minimo), di chi perde il lavoro (cassa integrazione, Naspi, Asdi, Discoll), di chi ha figli a carico (assegni familiari, detrazioni figli a carico, ecc.). Manca invece una misura per le persone disoccupate involontarie e di lungo periodo, specie se hanno figli a carico. E manca una misura per le famiglie in povertà assoluta.

Il Governo e il Parlamento hanno stanziato per il 2016 e 2017circa 1,5 miliardi per quest’ultima area di bisogno ancora scoperta e negli ultimi mesi hanno promosso alcuni provvedimenti che, con modalità diverse, tentano di incidere sul fenomeno della povertà.

Il primo provvedimento è il SIA (Sostegno all’inclusione attiva), partito a settembre. Si tratta di una soluzione ponte adottata dal Governo nell’attesa che la Legge sulle misure integrate di contrasto alla povertà e sul reddito d’inclusione completi il proprio iter in Parlamento (dopo l’approvazione della Camera, il testo, fortemente ispirato al Reddito di Inclusione Sociale elaborato dall’Alleanza contro la Povertà, è ora in discussione al Senato). Il SIA è rivolto alle famiglie con reddito basso o nullo e con precedenza per quanti hanno figli a carico, prevede che i nuclei familiari in possesso di alcuni requisiti (ISEE non superiore a 3.000 euro, presenza di minori, di persone disabili o donne in stato di gravidanza ecc.) possano richiedere al proprio Comune un sostegno economico, a cui corrisponde una progettualità. Il Comune predispone infatti per questi soggetti un progetto personalizzato volto al superamento della condizione di povertà e al reinserimento lavorativo, la cui reiterata violazione costituisce motivo di esclusione dal SIA. Il sostegno economico è di 80 euro mensili per ogni membro della famiglia, fino ad un massimo di 400 euro mensili per nuclei con 5 o più componenti. E’ chiaro che la poca infrastrutturazione dei progetti personalizzati, affidati ai Comuni, e la bassa soglia stabilita per l’ISEE rende questa misura piuttosto selettiva e difficile da attivare, senza tuttavia pregiudicarne il valore politico: grazie al SIA infatti il Governo torna ad occuparsi seriamente di povertà e dà un segnale di forte attenzione dopo anni di scarso impegno sul tema. Il percorso del SIA troverà compimento nel Reddito di inclusione, la misura all’esame in Parlamento che mira a sostenere i poveri assoluti con un mix di erogazione di denaro, servizi alla persona e azioni di reinserimento occupazionale. Mentre il Reddito di cittadinanza proposto dal Movimento 5 Stelle prevede una copertura finanziaria di 17 miliardi (un’enormità), il SIA è stato finanziato con 1,5 miliardi e il Reddito di Inclusione sarà probabilmente garantito con soli 7 miliardi. Misure quindi più realizzabili e sostenibili.

Il secondo provvedimento è in discussione in Commissione finanze al Senato. Si tratta di un disegno di legge a prima firma di Stefano Lepri e sottoscritto da oltre cinquanta senatori che punta a definire un’unica misura universalistica per i figli a carico e a favorire la natalità, rimuovendo gli ostacoli di ordine economico ed eliminando le iniquità, con priorità a situazioni di disoccupazione di lungo periodo in presenza di figli a carico. Questo disegno di legge mira a ridurre la frammentazione delle numerose misure pre-esistenti, a limitarne la complessità e la grave iniquità (per gli incapienti, i poveri assoluti, non era previsto quasi nulla) e soprattutto ad aumentare la dotazione finanziaria che finora aveva visto l’Italia molto indietro rispetto agli altri paesi europei. A fronte di dati Istat che documentano come la presenza di figli minori, soprattutto se più di uno, faccia aumentare sensibilmente la possibilità di una famiglia di cadere in una condizione di povertà relativa, e che attestano che un quinto delle famiglie italiane con tre figli non riesce a soddisfare bisogni fondamentali come pasti adeguati, riscaldamento in inverno, pagamento dell’affitto, una settimana di ferie all’anno, ecc., questo disegno di legge è finalmente una risposta, un segnale di attenzione al problema della povertà minorile, pur tenendo conto che oltre ad intervenire sugli ostacoli economici, servirebbero ulteriori misure in materia di sicurezza sul lavoro, alternanza dei tempi di vita e di lavoro, servizi per la prima infanzia e l’adolescenza, sostegni alla genitorialità con i centri per le famiglie e i consultori, ecc.

Il terzo provvedimento non interviene direttamente sulla povertà, ma vi è molto connesso. Si tratta infatti di una legge contro lo spreco di alimenti e farmaci a fini di solidarietà sociale, in un contesto in cui, se da un lato i numeri della povertà e delle persone che si nutrono troppo poco sono quelli che abbiamo citato, dall’altro c’è una realtà speculare di forti sprechi. Per intenderci, in Italia ogni anno 5 milioni di tonnellate di prodotti alimentari finiscono nella spazzatura. La nuova legge, che ha terminato il suo iter parlamentare a inizio agosto, raccoglie la forte eredità di Expo sul tema, con l’obiettivo di favorire la distribuzione delle eccedenze di cibo e farmaci ai più bisognosi. E’ stato stanziato un finanziamento ai Comuni di 1 milione di euro l’anno, dal 2016 al 2018, per progetti finalizzati a ridurre gli sprechi e altri 2 milioni sono stati destinati al Tavolo degli indigenti del Ministero delle Politiche Agricole per l’acquisto di alimenti da donare ai poveri. L’Italia annovera una grande tradizione di recupero delle eccedenze da parte di enti del privato sociale come il Banco Alimentare, che la nuova legge intende facilitare, rendendo più semplice donare, con incentivi di carattere tributario e finanziario

I tre progetti legislativi che abbiamo illustrato rappresentano un notevole passo avanti per un paese come l’Italia in cui la povertà assoluta è un fenomeno relativamente nuovo, per lo meno nelle attuali dimensioni, e che storicamente ha affidato l’assistenza e la promozione delle persone povere al privato sociale, con straordinari esempi di civismo, notevoli risultati e modelli riconosciuti in tutto il mondo, ma spesso poco accompagnati da un intervento pubblico sistematico, universale e organico.

Questi provvedimenti dimostrano da parte della politica una capacità maggiore rispetto a qualche anno fa di sintonizzarsi con i bisogni reali della popolazione in difficoltà; un ritorno al sociale nel processo di riforme in corso; una collaborazione con il Terzo Settore per recepire le buone pratiche e tradurle in legge. Una presa di responsabilità un po’ tardiva ma molto importante verso i milioni di nostri concittadini che sono a tutti gli effetti poveri e interpellano le nostre coscienze e la nostra visione per il futuro.

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