GIOVANI IN GAMBA CERCASI
Di Monica Canalis, 31 anni, Responsabile della Scuola del PD Piemontese
Apparso sul mensile Nuovo Progetto, aprile 2012 – www.sermig.org
A pochi giorni dalla celebrazione del Congresso dei Giovani Democratici, principale strumento di coinvolgimento degli under-30 nel centrosinistra, propongo una riflessione sull’ingresso dei giovani in politica. Maestri veri, studio e motivazioni, per un impegno di qualità.
Per fare politica bisogna studiare. Questa la strada per riportare le nuove generazioni alla politica.
Nell’“Ordine Nuovo” Antonio Gramsci (1891–1937) scriveva: “Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza”. Per fare politica in modo serio il punto di partenza è lo studio, non il posizionamento o la protezione di qualcuno, ma la preparazione personale e l’approfondimento. Nell’impegno politico c’è una fase iniziale in cui si ha l’impressione che la competenza e la qualità servano a poco per farsi strada, ma è una fase che dura poco. Man mano che si avanza e si assumono maggiori responsabilità ci si rende conto che per incidere e contribuire al progresso dei costumi e delle soluzioni politiche non si può fare a meno di un solido bagaglio culturale, da aggiornare nel tempo e coltivare di pari passo col proprio talento naturale. Credo che questo stile sia imprescindibile per tutti coloro, giovani o meno giovani, che interpretano la politica come un paziente servizio per la collettività e non come una carriera volta all’autorealizzazione egoistica.
Il dibattito sulla scarsa presenza dei giovani in politica mi pare talvolta sterile e superficiale. Per cambiare le cose non servono i giovani in quanto giovani, ma servono giovani in gamba, liberi da una mentalità carrierista, clientelare e nepotistica.
È fuori discussione che i partiti, principali agenti della democrazia e della vita politica, debbano mettere a punto strumenti e forme di organizzazione che favoriscano il ricambio generazionale. In Italia rischia infatti di cristallizzarsi un’oligarchia gerontocratica, in cui le leve del potere, politico e non solo, sono da decenni nelle mani delle stesse persone. L’ingresso dei giovani però non dovrebbe avvenire per affiliazione ad una corrente o per rispetto di una quota anagrafica o di genere, ma piuttosto dovrebbe essere regolato da una progressiva e non troppo lenta responsabilizzazione, sulla base dell’impegno e delle doti personali, e dalla cooperazione con i più vecchi, garantendo un mutuo scambio e riducendo lo scontro generazionale.
Non penso che si possa dire che oggi i partiti sono impermeabili all’ingresso dei giovani; infatti per un giovane è abbastanza semplice avvicinarsi ad un esponente politico e mettersi a sua disposizione. Credo che a mancare non sia la possibilità di entrare ma la possibilità di trovare spazi di approfondimento ed elaborazione per un impegno di qualità.
I partiti devono aprire le porte ai giovani, e soprattutto a quelli più bravi, senza temere la concorrenza di persone brillanti ed innovative. Ma anche i giovani devono darsi da fare. Innanzitutto istruendosi, portando la qualità del loro pensiero e la profondità della loro riflessione, chiedendo più contenuti e meno negoziazioni sui posti. Perché, come ci ricordava Guido Bodrato, senza una visione della vita e della società, la politica si riduce a lotta per il potere.
I giovani poi possono portare nei partiti la genuinità delle loro motivazioni, a costo di rimandare l’avanzamento personale per restare coerenti con i propri valori e progetti.
Per un giovane che si avvicina alla politica credo anche che sia indispensabile cercare maestri … piuttosto che protettori.
E’ importante che i giovani non stiano da soli e vivano la politica in una dimensione di condivisione umana e relazionale, sapendo che la solitudine spesso esaurisce la passione iniziale oppure espone alla tentazione del potere.
L’antidoto rimane confrontarsi, lavorare in squadra e accettare le correzioni. E rispettare l’esempio e l’insegnamento dei “grandi vecchi”. Proprio come ha scritto pochi giorni fa Gianfranco Morgando su questo sito: Oscar Luigi Scalfaro, seppur molto anziano, era considerato dai giovani un punto di riferimento etico, dimostrando che in politica contano le idee e l’esempio, prima ancora dell’età.